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recensione sega per terra su Netflix

SEGGIOLINO AUTO

Racconta qui alcune ore turbolente della vita di Saïd (Sami Bouajila), un imprenditore con un cancro appena diagnosticato, che sarebbe sul punto di vendere la sua segheria se una banda di spacciatori sopraffatti non si presentasse per recuperare la cocaina nascosta lì .uno dei suoi dipendenti. A prima vista, siamo piacevolmente sorpresi da la serietà che emana dall’arredamento, dai suoi abitanticome influenze multiple che spuntano qua e là.

I suoi paesaggi collinari, infatti, dove i pini si estendono come un cattivo presagio sui personaggi, evocano immediatamente America postindustriale Ramboquando l’unità di luogo si riferisce istantaneamente a un certo Assalto di John Carpenter. La macchina da presa, senza dubbio consapevole dei fantasmi che evoca, sta attenta a non scimmiottare questi maestri, preferendo lasciarli ai margini dell’inquadratura, e infonde gradualmente l’immagine e il tono della storia, per la gioia degli spettatori un po’ stanco dei dialoghi nei salotti di St Germain des Prés.

A suo agio con il suo decoro, il regista è a suo agio anche con i suoi attori. tecnico affermato, Leclercq sa come filmare i suoi due attori principali, Sami Bouajila ed Eriq Ebouaney, mai meglio di quando l’immagine gioca sul loro fisico: la statura di uno, o la mina cesellata dell’altro. Stesso discorso per l’azione, mai a buon mercato nonostante un budget modesto, che punta sempre sull’inquadratura per massimizzarne gli effetti.

Cammina attraverso i boschi, ma più veloce di così

FARE POCO DI QUALSIASI LEGNO

Purtroppo queste belle intenzioni e questi pochi innegabili successi sono in gran parte soffocati da altre scelte, molto meno felici, che servono grandemente al tutto. Innanzitutto, se il film non è prolisso, soffre comunque di dialoghi artificiali, anche sovraesplicativi, di cui potremmo in gran parte fare a meno.

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Specialmente da quando l’accurata ambientazione della trama viene improvvisamente abbandonata, il contesto socio-economico, la malattia e altre tracce psicologiche che non possono resistere a pochi colpi di mitragliatrice ben piazzati. L’impressione di aver poi assistito a un diversivo molto accademico, pensato solo per farci attendere prima di un gioco di massacro troppo breve, è piuttosto amara. Quando avviene il passaggio dal film drammatico al film d’assedio, gli orientamenti di Terra e Sangue gioca sempre di più contro l’immersione dello spettatore.

foto, Sami BouajilaSami Bouajila si accende

Quest’ultimo si chiede quindi perché fosse immerso questo arredamento da segheria, finalmente buono poco usato (si taglia velocemente un braccio, quando lo spazio offriva molte possibilità disordinate), quando gli scontri, se fanno del loro meglio per garantire un po’ di spettacolo, hanno finalmente un’aria di rinuncia quasi irrilevante; è come un inseguimento che non compensa mai tutta la gioia ardente che un paio di puzzle avrebbe potuto portarci.

Con il progredire dell’escalation della violenza, la fotografia del film rimane sorprendentemente opaca, lentai suoi toni desaturati si allontanano terribilmente da quanto accade nell’immagine (problema già evidente in GibilterraDove L’assalto). Ed è con grande disappunto che assistiamo al confronto finale che chiude il film, la cui enfasi sembra inversamente proporzionale alla carne di cui la narrazione è priva.

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