Fantasma del paradiso rimane uno dei capolavori più elettrici degli anni Settanta, annunciando l’imminente morte di una certa cultura pop e geek.
Ci sono grandi film, classici, cult nuggets e leggende. È a quest’ultima categoria che appartiene il folle rock vorticoso di Brian De Palma. Perché racchiude con genialità l’energia creativa, le contraddizioni e le vertigini del suo tempoil lungometraggio è rimasto uno dei modelli più affascinanti della commedia musicale, anche se è una accusa rabbiosa contro i grandi principi del genere.
Winslow Leach è un giovane compositore di genio, ancora sconosciuto al pubblico. Si legherà, come un giovane Faust, al sulfureo Swan, creatore di re del suono e proprietario della casa discografica Death Records, nonché del Paradise, club dove sfilano brillanti musicisti, davanti a un pubblico di scatenate groupies. Ma una truffa e qualche delusione dopo, ecco il nostro buon Winslow con la faccia schiacciata da un pressore di dischi, vendetta nel cuore e musica sulle labbra. Qualsiasi somiglianza con alcune immense opere letterarie, la carriera del regista o il futuro della cultura pop riciclata da Hollywood sarebbe ovviamente fortuita…
elmo morto
LOPERA E IL SUO FANTASMA
Brian de Palma è uno dei registi più emozionanti ad aver scosso Hollywood negli anni 70. Lungi dall’attaccarsi ai thriller psicosessuali, che ha dominato a un livello di incandescenza senza precedenti, il regista ha esplorato una serie di generi, ma anche risparmi, alternando progetti con ambizioni commerciali più o meno schiaccianti.
Appartenente a una generazione stufa di cinema, ha composto un universo filmico sotto forma di un caleidoscopio referenziale perennemente reinventato. Ma almeno quanto la cinefilia che spiana le ispirazioni di questa storiatroviamo in lui un appetito per la mescolanza di generi e la mescolanza di radici letterarie che stanno alla base sia della ricchezza musicale del progetto che della sua capacità di fungere da macchina metaforica.
La pupilla dei suoi occhi
Perchè se Fantasma del paradiso è ovviamente un’eco dell’industria musicale e dell’appetito con cui banchetta il midollo consistente dei suoi talenti, se senza dubbio questa metafora include anche l’odio di De Palma per l’economia degli studi, diciamo anche come la cultura popolare geek è stata masticata, riciclata e trasformata dalle major. Un’origine la cui linfa viene dal tormentato rapporto del cineasta con i pesi massimi dell’industria.