Sebbene abbia lasciato il 75° Festival di Cannes a mani vuote, David Cronenberg ha comunque fatto un ritorno che è stato apprezzato sia dal pubblico che dalla critica. L’occasione per tornare La festa del nudoche è forse il film più folle del suo autore.
Di David Cronenberg, alcuni conservano la vena furiosa del body horror, altri le sue autopsie autorizzative della psiche umana, del suo rapporto con la violenza. Due rami della sua filmografia, presenti fin dall’esordio, in cui è riuscito a riunire I crimini del futuro. Ma molto prima di diventare uno dei beniamini della Croisette, il regista canadese era già riuscito a esplorare il suo amore per l’orrore viscerale e il suo gusto per le vertigini intellettuali.
Affascinante ibridazione tra le ossessioni del regista e quella di uno dei suoi scrittori preferiti, La festa del nudo probabilmente non è il suo lavoro più riconosciuto. Si tratta comunque di una delle pietre miliari più importanti della sua carriera. E per capire fino in fondo come il lungometraggio si è imposto come un’importante esplorazione di un punto di riferimento letterario americanoma anche un’auscultazione disinibita della tossicodipendenza, dobbiamo tornare alle velenose invenzioni di William S. Burroughs.
Ciao, piccolo scarabeo!
MACCHINA NON COSI’ MORBIDA
A prima vista, La festa del nudo narra le disavventure di Bill Lee. Sterminatore di topi per conto di una società molto strana, i cui dipendenti, incluso questo bravo Bill, hanno la sfortunata tendenza a spararsi con sostanze chimiche destinate ai parassiti, perde gradualmente l’equilibrio. Al punto da uccidere (più o meno) involontariamente la moglie. uUn crimine che gli guadagnerà di trovarsi coinvolto in una vasta cospirazione internazionale, covato da giganteschi insetti bipedi che secernono curiosi fluidi seminali.
Questo è già un pezzo infernale, che tradurre sullo schermo non è un picnic. Ma bisogna guardare l’omonimo romanzo cult per capire meglio la pazza ambizione di David Cronenberg. William Seward Burroughs è nato in una famiglia della classe mediaa Saint-Louis, nel 1914. Dopo gli studi in medicina, si dedicò allo studio della letteratura, che proseguì ad Harvard, presso la quale si laureò nel 1936. Questo corso non lo soddisfò, ma lo lasciò appassionato di medicina, mente neurologicamente indotta alterazioni, l’uso di droghe varie e naturalmente… le lettere.
Benvenuti all’Interzona
Un cocktail esplosivo per questo giovane cittadino, che non tarderà a tentare la fortuna a New York. Lavora lì come investigatore privato e non ha paura di collaborare con gli inferi. In parallelo, condivide la maggior parte del suo tempo (e compagno di stanza) con Jack Kerouack e Allen Ginsberg, che formeranno pochi anni dopo la prima linea della beat generation. Essendo l’omosessualità poco in odore di santità negli Stati Uniti, Burroughs sposò Joan Vollmer, che si è evoluta in questo stesso circolo letterario e sarebbe stata una delle sue principali ispirazioni.