la stella Joe
Uno dei marchi formali di Maïwenn è infatti la galassia di attori e attrici che attraversa i suoi film modo corale caleidoscopico. lucidi anche più di Il ballo delle attrici inoltre, che soffriva di una storia troppo frammentata per evidenziare a sufficienza tutti i personaggi. Prendendo come quadro il BPM (Brigata per la Tutela dei Minori), la direttrice si obbliga subito un’unità di luoghi che gli permette quindi di dare apertamente la parola a tutti.
A cominciare da quello di cui abbiamo visto troppo poco nel suo film precedente, l’unico e solo Joey Starr. Presenza e carisma incredibili, l’ex rapper di NTM vampirizza l’immagine e assume magistralmente il ruolo da protagonista offertole da Maïwenn, che è stata certamente tanto sorpresa quanto deliziata dall’effetto jamming che ha prodotto nel suo film precedente. Il suo carattere, al tempo stesso commovente e minerale, è l’anello forte e debole di una squadra di poliziotti che si occupa di casi di pedofilia, prostituzione minorile e altri abusi sui minori. Insomma, felicità quotidiana per uomini e donne che sono essi stessi genitori o in preda a una vita privata non sempre tenera.
Un cast di talento
negli occhi di Maiwenn
Tuttavia lucidi (titolo ad altezza di bambino) non fa nella miseria di una quotidianità ultra nera e scandita. No, il film di Maïwenn alterna con sorprendente naturalezza (vicino all’ingenuità?) sequenze shock spesso vicine alla nausea a sequenze esilaranti che permettono a tutti di decomprimersi, spettatori compresi. Con sincerità confusa (irritante per gli altri) passiamo così dalla tragedia ordinaria alla commedia dell’arte con occhi velati come un passaggio.
Al centro dell’azione e della realtà
Ovviamente ci pensiamo L.627. Entrambi si nutrono di fatti comprovati e sono girati in stile documentaristico. Entrambi sono dotati di una scrittura asciutta e dialoghi di una rara violenza comunicativa. Entrambi fanno il punto su una forza di polizia che non è alla deriva ma composta da elementi fragili quanto la società che dovrebbe difendere e proteggere da se stessa.
Con la differenza lo stesso che c’è a lucidi un punto di vista davanti alla telecamera che si chiama Maïwenn. È davvero impossibile per colei che sostiene di aver sofferto un’infanzia difficile per non mettersi in scena. Questo è certamente il limite dell’esercizio per chi vede in lei solo una persona egocentrica e fondamentalmente esasperante. Ma è qui sorprendentemente la forza vitale di un film che non si preoccupa nemmeno del credo del suo autore. Lei, come le altre, ha la sua storia nella storia senza che questo finisca per inghiottire gli altri.