Come found footage è risorto dalle sue ceneri grazie a Blair Strega, Sessione 9 ha offerto un incubo che purtroppo è passato inosservato. Un’immersione intima e crudele in un labirinto di intimi terrori, che avrebbe ispirato il terzo capitolo della saga videoludica Silent Hill e che è urgente riscoprire.
Ci sono voluti quasi vent’anni prima che il film di Brad Anderson raggiungesse (negli Stati Uniti) un piccolo status di cult, la sua cerchia di spettatori si allargava un po’ di più di anno in anno, secondo le emozioni provate dai fortunati che hanno posato gli occhi su un lungometraggio film passato inosservato quando è uscito, e – non ancora – riabilitato dal video o dalla diligenza delle piattaforme SVOD.
Tuttavia, i fedeli che lo dedicano un culto in omaggio al suo santo terrore sono ancora troppo pochi. C’è da dire che oltre ad essere del tutto assente dalla memoria collettiva, e quindi dalle raccomandazioni di parenti, amici, compagni, compagni, discendenti o nemici giurati, il filmato è apparentemente di una banalità confusa. Perché il suo titolo, Sessione 9, non menzionerà assolutamente nulla prima di guardare il film. Perché la sua sinossi si riferisce a kilotoni di storie taggate, per non dire trite.
Seguiremo un gruppo di lavoratori responsabili della rimozione dell’amianto da un ex manicomio dal passato travagliato. Come per caso, situazioni strane, dimostrazioni minacciose poi tendenza fastidiosa dei nostri protagonisti a vedere le loro esistenze interrotte si moltiplicano, mentre tutti si interrogano sulla natura malvagia di questo luogo dimenticato da tutti. Lo avrete capito, abbiamo qui la ricetta della tipica orribile serie B degli anni 80/90, prodotta sulla scia di splendente, Amityville o Poltergeist. E se il risultato è molto più alto di questa stanca nota di intenti, per capire come e perché è mancata a tutti, bisogna prima tornare al momento della sua uscita.
La versione depressiva e assassina di The Full Monty
PROGETTO DESIDERIO DI MORTE
Fu nell’agosto 2001 che Sessione 9 sulla terra dello zio Sam Sulla carta e qualunque sia il successo dell’azienda, il progetto ha tutto per fare la fortuna dei suoi ideatori. Un tono di base, ma promettente una ricetta apprezzata e padroneggiata. Un solido cast di attori. Un budget contenuto. Un giovane regista promettente. Tutto, ma non la puntualità, che diventerà la doppia maledizione dell’azienda. Innanzitutto, se gli anni 2000 non sono a prima vista una fucina ideale per il cinema di genere, bisogna capire bene che tutte le classiche equazioni sono state appena disperse come un puzzle da una microscopica produzione arrivata nel giro di pochi mesi per rimescolare tutte le carte del settore.
Il progetto Blair Witch, fenomeno al Sundance festival, divenne presto il film indipendente acquistato al prezzo più alto del suo tempo, poi il film più redditizio della storia del cinema. Hollywood ha guardato con occhi sbarrati mentre il tour de force di Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez ha elettrizzato la folla, raccolto orde di fan, nelle ultime settimane del 1999 e per tutto il 2000. diventare un autentico fenomeno culturale.
Tutto questo, senza contare che la strega di Blair ha appena fatto (ri)scoprire al grande pubblico il found footage, a cui non era stato esposto da allora Olocausto cannibale e le sue gorissime stragi catturate di nascosto. È in corso una rivoluzione stilistica unita a un potente effetto moda.