García Castellón, dopo aver applicato la nuova dottrina che dichiara imprescrittibili i crimini di terrorismo tra il 1990 e il 2010, li chiama a testimoniare dopo che la Guardia Civile ha confermato che i tre guidavano la banda e non ha ordinato la sospensione dell’esecuzione.
Il giudice dell’Alta Corte Nazionale Manuel García Castellón ha accusato tre degli ex capi dell’ETA del rapimento e del successivo omicidio del consigliere di Ermua PP Miguel Ángel Blanco 25 anni fa. García Castellón cita come indagato José Javier Arizcuren Ruiz, “Kantauri”; Miguel Albisu Iriarte, ‘Mikel Antza’, e María Soledad Iparraguire, ‘Anboto’, dopo che i servizi di informazione della Guardia Civile avevano confermato che i tre facevano parte del Comitato Esecutivo dell’ETA (ZUBA) nel luglio 1997, quando la banda terroristica finì dal sindaco popolare.
Il giudice ritiene responsabile degli eventi anche Ignacio de Gracia Arregui, ‘Iñaki de Rentería’, sebbene nel suo caso i reati siano considerati prescritti.
Il capo della Corte centrale d’inchiesta 6 dell’Alta corte nazionale, che ha riaperto le indagini sull’omicidio di un consigliere comunale su richiesta dell’associazione Dignità e Giustizia, accusa gli ex leader terroristi proprio in applicazione del cosiddetto ‘Miguel Ángel Blanco dottrina’, che è una nuova interpretazione della Convenzione europea sull’imprescrivibilità dei crimini contro l’umanità e i crimini di guerra, che consentirebbe di dichiarare imprescrittibili per sempre 430 omicidi terroristici commessi in Spagna o contro cittadini spagnoli tra il 1990 e il 2010.
García Castellón, sulla base del rapporto della Guardia Civile, sostiene che i tre leader, pur non essendo gli esecutori materiali, hanno avuto “una partecipazione in commissione per omissione, tenendo conto della posizione dominante detenuta dall’organo esecutivo dell’organizzazione terroristica “. Per l’istruttore è determinante il fatto che i tre imputati, in quanto membri di quella dirigenza con poteri esecutivi, abbiano avuto «una reale capacità durante le oltre 48 ore in cui è durato il rapimento, di poterlo fermare, potendo dedurre dal rifiuto di farne un’intenzione manifesta nella produzione del risultato.
“Comando” e “decisione”
Il gip insiste sul fatto che i tre indagati, alla luce delle segnalazioni dei servizi di polizia, avevano sufficiente “capacità di comando e di decisione” sull’attività terroristica dell’organizzazione tanto da aver potuto prendere la decisione di non rapire a la vittima, quasi a “evitare l’esito finale del sequestro” avendo potuto impartire al commando Donosti l’ordine espresso e preciso di liberarlo. Tuttavia, non hanno mai ordinato l’arresto dei tre autori materiali dell’omicidio, Francisco Javier García Gaztelu, “Txapote”, il suo partner Irantzu Gallastegi, “Amaia” e José Luis Geresta, “Oker”.
Ma nonostante i molteplici appelli che, dopo il rapimento della vittima, sono stati presentati dalla stragrande maggioranza della società civile spagnola e della classe politica dirigente dell’epoca, l’istruttore continua i membri del ‘Comitato Esecutivo’ dell’ETA Non hanno sollevato un dito per impedire l’esecuzione del sindaco di PP, “evidenziando una volontà inequivocabile nella produzione del risultato”, sottolinea l’istruttore.
«In nessun momento – aggiunge – si è cercato di evitare o prevenire, riuscendoci, l’omicidio. L’azione terroristica compiuta dal comando Donosti non si è potuta concretizzare di propria iniziativa, ma è stata compiuta su ordine e con l’espressa autorizzazione dei suoi superiori, i membri del ‘Comitato Esecutivo’ dell’Eta».
nuova interpretazione
Il giudice ritiene di non avere dubbi di poter sedere in panchina ‘Kantauri’, ‘Antza’ e ‘Anboto’ per reati di sequestro di persona e omicidio terroristico nonostante il tempo trascorso. Ed è che il togado ha accettato quella che è già nota come la ‘dottrina di Miguel Ángel Blanco’, l’opera personale dell’avvocato per la Dignità e la Giustizia Miguel Ángel Rodríguez.
Questa nuova dottrina sostiene che quando il governo di Rodríguez Zapatero ha riformato il codice penale, lo ha fatto senza considerare che l’articolo 2.2 della Convenzione europea sull’imprescrivibilità dei crimini contro l’umanità e di guerra del 1974 richiedeva ai paesi membri del Consiglio d’Europa di applicare la mancata prescrizione anche nei casi in cui il termine per il fascicolo “non fosse a quel tempo scaduto”.
In altre parole, il limite dell’imprescrivibilità degli attentati non sarebbe segnato da quel dicembre 2010 in cui è entrata in vigore la riforma del codice penale. E sì, il 24 dicembre 1990, 20 anni prima; cioè la normale prescrizione spagnola per gli omicidi terroristici in vigore all’epoca.
García Castellón, condividendo la tesi di Dignità e Giustizia, sostiene che l’entrata in vigore della riforma del codice penale nel 2010 ha stabilito che in tutti i precedenti omicidi terroristici, e il cui termine di prescrizione ventennale non era ancora stato chiuso, è diventato semplicemente “esteso” o “esteso”. Vale a dire, in nessun caso vi è un’applicazione retroattiva di una norma sfavorevole all’imputato (proibita dalla legge), poiché si trattava di termini di persecuzione ancora aperti. Quello che è stato prorogato è stato, solo, “il periodo di perseguimento penale da parte dello Stato”.
García Castellón: “Il rapimento di un consigliere del PP era una priorità assoluta”
Manuel García Castellón, nella sua prima fase presso il Tribunale Nazionale, è stato istruttore tra il 1993 e il 2000. Nel luglio 1997, a capo del Tribunale Centrale di Istruzione 6, lo stesso che continua a dirigere oggi, era già responsabile della sintesi per l’omicidio di Miguel Ángel Blanco. Lo scorso marzo ha riaperto il caso per cercare di perseguire le menti dell’omicidio del sindaco.
Gli anni ’90 e la nuova strategia terroristica sono stati registrati nel sangue e nel fuoco al punto che l’auto in cui accusa i vertici dell’ETA fa una rassegna storica per inquadrare l’esecuzione di Blanco. Il giudice ricorda che l’assassinio del sindaco di Biscayan faceva parte della “strategia di destabilizzazione” dello Stato decisa dalla dirigenza della cosca tra il 1993 e il 1994. Dopo la caduta nel 1992 della dirigenza di Bidart, i vertici terroristi, all’interno di quella nuova strategia, hanno deciso di raddoppiare la loro offensiva designando posizioni politiche del PP e del PSOE come obiettivi dell’ETA, tentando di attaccare la famiglia reale e altre azioni mediatiche come il rapimento durante 532 giorni del funzionario carcerario José Antonio Ortega Lara.
Nel 1997, si legge nell’ordinanza, «il rapimento di un consigliere del Partito Popolare era una priorità assoluta per la Direzione dell’Eta», un’azione che doveva essere attuata proprio in estate e «al più presto». Lo affermano i documenti rilasciati dai vertici dell’organizzazione terroristica, in questo caso comunicazioni organiche manoscritte dal responsabile dei commando “illegali” dell’ETA, l’ormai accusato ‘Kantauri’, indirizzate a uno dei suoi commando, il Vizcaya .
Per il magistrato, tenuto conto della rigida gerarchia che regnava in ETA negli anni ’90, è “improbabile che un’azione terroristica come quella compiuta contro il consigliere del PP sia stata compiuta da un comando senza una preventiva decisione e pianificazione, così come come alcuni ordini concreti e specifici, emanati dalla principale struttura direttiva dell’ETA, il suo Comitato Esecutivo».