MERCANTI DI MORTE
Da Harry, un amico che ti augura ogni beneDominik Moll scolpito un posto speciale nel panorama cinematografico francese. Quella di un fornitore di thriller densi, dai temi variegati, capace di dissotterrare passioni travagliate dalla nostra umanità. Ma dopo un primo clamoroso successo, presentato in concorso al Festival di Cannes 2000, il regista esplorò una vena più surrealista, addirittura allucinatoria, non meno interessante, ma progressivamente devitalizzata, teorica, culminata con l’adattamento del testo fondante del gotico letteratura, Il monaco.
È a favore di Solo Bestiedi cui troviamo il regista in ottima forma, al timone diun mosaico di ricerche e manipolazioni nel cuore di un ambiente austero e misterioso. Il suo gusto per il labirinto e il peregrinare mentale ha trovato lì il suo splendore, che è esploso sullo schermo sin dai primi minuti di La notte del 12.
Cena americana? Sobborgo operaio? Teatro assurdo?
Scopriamo un uomo in bicicletta, che si allena in silenzio lungo un anello immutabile, prima che un cartellino ci avverta: l’inchiesta annunciata rimarrà irrisolta. Poi arriva questo innocente peregrinare, quello di una giovane donna che torna a casa dopo un lungo aperitivo, con passo leggero, il sorriso sulle labbra.
Una manciata di colpi ingannevolmente innocui più tardi, vedremo i suoi occhi spalancati comeun uomo lo cosparge di benzina, gli dà fuoco. E il suo corpo ad allontanarsi dalla telecamera, al rallentatore, a sfuggire al nostro sguardo collassando a scatti. Un ciclo infernale, una fatalità senza speranza e un’ondata di violenza implacabile. La notte del 12 può capitare a noi.
Due uomini che il male schiaccerà
LA NOTTE PIÙ DOLCE
Dominik Moll non ha mai smesso di collaborare con il suo co-sceneggiatore Gilles Marchand. È prima di tutto la singolarità della scrittura che colpisce nel loro nuovo film. Il cinema francese è spesso accusato di cadere nella teatralitàa dire il vero, tante lamentele che traducono più una mancanza di incarnazione della scrittura, un’incapacità di tradurre il racconto in atti di cinema, che un’incompatibilità tra le tavole e la macchina da presa.
Ed è davvero una mutazione delle due arti in cui si impegnano lo sceneggiatore e il regista. In primo luogo attraverso dialoghi estremamente scritti, che non esitano a riversarsi nel letterario o addirittura nel poetico, assicurandosi che i loro interpreti iniettino una densità, una carne, che li protegge da ogni artificiosità. Così, quando Bastien Bouillon e Bouli Lanners si fanno a pezzi come due poliziotti ubriachi di buone parole, è prima di tutto la tessitura di due anime ammaccate ad abbracciarci.
Poi arriva una riflessione spesso affascinante sulla nozione stessa di teatro. E quale cornice migliore di un’indagine, con le sue visite sul luogo del delitto, le sue analisi di scene potenzialmente sospette e poi i suoi interrogatori, per rivisitare l’intera panoplia dei corpi degli attori in scena? L’espediente potrebbe essere vano o inutilmente intellettualizzante, sottolinea anzi quanto l’indagine che si gioca parta su basi viziate, quanto tutto questo piccolo mondo fatica a risolvere un enigma butteratoquanto il femminicidio che li occupa sia destinato a rimanere un punto cieco per la loro coscienza professionale.
ESPRESSO POLARE
La notte del 12 è per tutto questo un pensum più o meno vaporoso? No, perché dietro la macchina da presa, Moll lavora la sua atmosfera con cura maniacale.
Situata in una città divisa tra una stazione sciistica che offre lavoro e schiaccia i lavoratori stagionali da una parte, e la piccola borghesia esfiltrata dal formicaio di Grenoble dall’altra, la storia sfrutta perennemente la geografia. Moll ha sempre avuto cura di ancorare le sue storie in un’ambientazionedal Cantal di Harry per colpa di Solo Bestie. Vi trova un luogo da sogno, tra gli spazi del western e la stranezza del Pic-nic a Hanging Rock.
Sia che sublimi le esplosioni rocciose di un rilievo ostile, ne sottolinei le linee di frattura o si lasci conquistare dalla stranezza di una comunità montana quasi insulare, il regista trasforma i luoghi in una capsula di Petri mentale e stilistica. Che non è senza evocare Cime gemelle e il genio con cui David Lynch ha preso una comunità terribilmente ordinaria, per osservarne il progressivo deragliamento, anche in preda alla demenza. Ma questa fantasia bollente non schiaccia mai il lato più concreto del film, che si rivela così eminentemente compiuto da non doversi vergognare del confronto con un certo Ricordi di omicidio…
Traboccante di una luce minerale che taglia la facies con un bisturi, catturata dal taglio ingannevolmente calmo della telecamera di Moll, il tutto compie un tour de force non comune nel cinema: dandoci una sensazione di realtà soffocante, mentre si lavora la materia della sua trama con stile. Vero, ma mai naturalistico, La notte del 12 abbracciare la crudele assurdità, l’ironia caustica di una ricerca che cancella la banalità del male con reperti mostruosi.
RIDERE DA MORIRE
Un rapper in fuga spiega che puoi voler carbonizzare il tuo ex senza augurargli alcun male. Un feroce sessista assetato che si dibatte si rallegra nel vedere i polli perdere le piume a contatto con lui. Un’amica osserva, terrorizzata, la comunità che giudica casualmente la sessualità della sua defunta migliore amica. Marchand e Moll orchestrano una commedia umana che non ci risparmia nulla delle nostre aberrazioni contemporanee.
Noi ridiamo. Di frequente. Dalla buona parola di un sospettato, dalla stupidità di un imputato, o dall’ingiusta impasse in cui è rinchiuso l’istituto di polizia. Mirabilmente portata, tutta fuori tono, la risata qui è tanto più dolorosa in quanto, come una punta di cristallo, la sua prima qualità è la sua acutezza e la sporcizia fin troppo umana che rivela.
Questo parco giochi, spesso terrificante com’è, consente all’intero cast di esistere con un’elettricità insolita. Si pensi naturalmente alla coppia Bouillon-Lanners, la cui energia comica si trasforma in una tragica spirale. Ma anche al magnetico Pierre Lotin, al quale basta un sorriso per trasformare il filmato in orrore. Quanto ad Anouk Grinberg e Lula Cotton-Frappier, portano attraverso questo sinistro giro una dignità contrastatache preserva tutto dal cadere nell’autocompiacimento, o dal fascino per il male che inghiotte i personaggi.
E La notte del 12 piombare su di noi come una trappola perfetta. Una grande lezione di grammatica cinematografica, in cui ogni riga è punteggiata, tutte le inquadrature formano un insieme di frasi dal significato chiaro, ma a volte insopportabile. Indagine profonda da cui nessuno spera di uscirne illeso. Un gioiello di stile e una lezione di interpretazione. Un grande thriller, che si stampa sulla nostra retina per non lasciarla mai, e contamina la nostra memoria.