ABBASSATO CON LA VITA MA ALTO CON I CUORI
In genere, quando un montatore di Ecran Large viene inviato mercoledì mattina per aggiornarsi su una commedia francese (co-)prodotta da un importante canale televisivo hertziano (qui TF1) con una finta star francese all’incirca sul poster, il montatore dice di prepararsi per il peggiore. Spesso, è un po’ come aspettare prostrati in una trincea a Verdun che si fermino lo sparo di battute e il bombardamento di riflessioni caldamente razziste-sessiste. Come dire questo se tutto ciò che viene dalla commedia popolare francese potesse elevarsi al livello e darsi le ambizioni di Franck Dubosc, ci darebbe un po’ di pace.
Non nuotiamo nella felicità, ma almeno è acqua
Parliamo di all-comers, perché non si tratta di confondere le vesciche con le lanterne: Rumba Vita di e con Franck Dubosc non è affatto un grande film, né un’opera particolarmente notevole. È anche quello che in altre circostanze sarebbe chiamato un film minore, o un buon artigianato. La qualità attesa di quelli che dovrebbero essere i ben finanziati “all-comers”. Ma quando non hai mai conosciuto l’oceano, anche la piscina sembra profonda, e per una volta è più pulita della solita fogna ideologica, ti permetterai di scherzare lì felicemente.
Allora andiamo allegramente: Rumba Vita non manca di merito e realizza una buona sintesi dell’umanità nebbiosa del duo Nakache / Toledano e della fantasia dolcemente vecchia della Francia di un periodo di Christophe Barratier, piuttosto Johnny Halliday, e se questi due cinema ti parlano, provaci. Primo merito: Franck Dubosc, attore. Incarna qui Tony, un buon francese della vecchia scuola con i baffi, che sognava l’America “che non era fatta”. Un rôle rustre et replié, loin des compositions exhubérantes habituelles de Franck Dubosc, qui fait ici la démonstration de son amplitude de jeu. Et se dote d’un rôle complexe, technique (avec de nombreuses séquences dansées et un solo de guitare) et même … bello.
Frank Dubosc
TONY QUENTIN, CORO INTOCABILE
Perché Tony non ha un background negativo, anche se il suo background è vagamente razzista, vagamente misogino e vagamente omofobo. È solo un bravo vecchio ragazzo della sua era di fine anni ’70/inizio anni ’80, tatuaggio della bandiera americana, baffi e stivali da cowboy inclusi. Un ragazzo che non può parlare con le sue emozioni, si chiude nei suoi silenzi e nel suo consumo eccessivo di sigarette ma che cerca di migliorarsi, in particolare per avvicinarsi alla figlia maestra di ballo, che ha abbandonato e che non lo conosce né lo riconosce (o no).
Certo, il seguito è cucito con filo bianco: la registrazione in incognito nel corso della figlia – mentre “ballare non è una cosa da maschi” -, si aprirà e scoprirà se stessa. Tranne il n. Secondo merito di Rumba Vita : Franck Dubosc, sceneggiatore. È senza dubbio il più sorprendente di tutti considerando il livello di esigenza del cinema popolare francese, ma lo scenario Rumba Vita disinnesca i cliché e contrasta i codici. Offre anche alcuni contrasti benevoli, in particolare attraverso i suoi personaggi secondari. Tuttavia, con un vicino congolese e un migliore amico/collega omosessuale represso, ci si potrebbe aspettare la valanga di gag sprezzanti, ma sembrerebbe che Franck Dubosc sia più elegante.
Un’eleganza che ritroveremo anche nella struttura stessa narrativa dello scenario, estremamente (troppo?) classico, ma che propone diverse varianti e alcune divertenti cacce al tesoro che attirano l’attenzione. Perché gli inganni di Tony durano poco con la figlia Maria, che gioca con loro dal primo secondo. Tale è preso chi pensava di accogliere Rumba Vita, e la meccanica ultra tipica di bugie e incomprensioni diventa più densa. Abbastanza così la storia abbandona da solo alcuni artifici obsoleti per concentrarsi meglio sull’essenziale: l’emozione del ricongiungimento padre-figlia. Nella misura in cui Rumba Vita merita a malapena la qualifica di commedia. Molto meglio.
È FRANCK DU COLLIER
Questo sarà forse il principale punto debole di Rumba Vita : certamente il film finge di voler far ridere, quando il suo obiettivo è un altro. I pochi sinceri tentativi di umorismo più spesso falliscono più di ogni altra cosa. Una colpa meno grave di quanto sembri, però, per un film che cerca anche esplicitamente di affascinare più che di dirottare. Saremo grati, inoltre, per non aver sacrificato tutto sull’altare del benessere e del lieto fine, per aver preservato i difetti e le debolezze del suo protagonista fino all’ultimo tratto, per avergli concesso il diritto al fallimento durante un climax come crudele quanto inaspettato. Senza tamburi, trombe o balli, e la giusta quantità di messa in scena.
Perché sì, c’è una messa in scena Rumba Vita. Terzo e ultimo merito: Franck Dubosc, regista. Perché dove Bugiardo, Poi balliamo, Permesso di costruzione e altri Che cosa abbiamo fatto a Dio gestisce le immagini come farebbe una gallina con un braccio solo la motosega di Topper Harley, Môsieur Franck Dubosc si occupa di tagliare, pianificare la composizione, l’illuminazione, il montaggio e persino la fotografia. È al limite della concorrenza sleale, normalmente è registrato nelle tavole della Legge che qualsiasi commedia francese deve avere il cachet visivo di un pub Carglass e può basarsi solo su dialoghi pesanti.
Ovviamente Rumba Vita non si inventa il filo per tagliare l’acqua calda, ma se può servire da guida agli altri fumatori dunces per riscoprire la Luna e la grammatica dei piani diversa dalla media, inevitabilmente tirerebbe verso l’alto il livello globale (sogniamo ). Che ti piaccia o no è una questione di gusti. ma Franck Dubosc ha una fantasia, così come un sincero desiderio di trascriverlo fedelmente sullo schermo. Ed è chiaro che questa trascrizione funziona, da Rumba Vita si imbarca nel suo universo senza sforzo e senza indugiare. Non stiamo dicendo che mangeremo tutti i giorni, ma almeno non abbiamo vomitato nei nostri cornflakes del mercoledì alle 9:00.