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critica con un gioco di parole al telefono

Malinconia Hill

Finney e sua sorella vedono i loro compagni scomparire uno dopo l’altro, portati via da un misterioso individuo soprannominato “The Grabber”. Poi arriva il turno del ragazzino, che si sveglia in mezzo a uno scantinato di pessimo gusto. Al colmo dell’ironia morbosa, vede subito un telefono sul muro… che non funziona. Beh, non ufficialmente.

Una storia co-scritta da Scott Derrickson e C. Robert Cargill e originariamente immaginata da Joe Hill nel suo racconto Il telefono neropubblicato a metà degli anni 2000 nella raccolta Fantasmi del 20° secolo (Fantasmi – Storie travagliate). Come suo padre, l’illustre Stephen King, lo scrittore ora conosce molto bene il grande e il piccolo schermo. Oltre alla serie NOS4A2 e Serratura e chiaveil suo lavoro è stato adattato al cinema in Corna di Alexandre Aja e Nell’erba alta di Vincenzo Natali. Adattamenti nel peggiore dei casi dimenticabili, nel migliore dei casi divertenti e generalmente molto modesti. Telefono nero non fa eccezione.

“Avresti due minuti per parlare del tuo account di allenamento personale?”

Coloro che si aspettavano un grande film horror nella tradizione di Sinistro rischiano quindi di rimanere delusi. Telefono nero invano per riappropriarsi, anche per migliorare le battute principali del film del 2012, si rivela molto meno generoso (e molto meno virtuoso) in fatto di brividi, la colpa proprio con il suo statuto. I legami tra i due lungometraggi sono numerosi: i personaggi prigionieri di una famiglia incatenata incapace di liberarsi dal passato si evolvono in un ambiente quasi fatiscente, le riprese del film sono sapientemente incorporate nella storia e il set principale è pieno di questi famosi grandi muri decrepiti. Nonostante tutto, niente sale al livello del climax da incubo di Sinistro.

Felice di comporre con materiale originale che soddisfi i propri desideri narrativi, in particolare attraverso riferimenti a thriller e un personaggio padre violento più sfumato della media, Derrickson lascia evidenti i fili dell’adattamento. Dal principio stesso del lungometraggio, relativamente meccanico, a diversi motivi di sceneggiatura e punti di giunzione (il colpo della serratura antifurto), molti elementi tradiscono la loro natura letteraria e si dimostrano molto meno convincenti sul piano visivo, a fortiori quando il regista si costringe a inserire qualche generico jump spavento per conformare il tutto alle specifiche dell’horror hollywoodiano.

Sia che si attenga alla narrativa minimalista di Joe Hill o la arricchisca per diversificare meglio i suoi effetti di regia, sembra che stia lottando un po’ con il suo adattamentoalmeno quando si rinchiude nella cantina dove è tenuto prigioniero il povero Finney.

Telefono nero: foto, Mason Thames, Madeleine McGrawUn duo molto Kingian

Telefono non tutto rosa

Quando invece si interessa alla caccia allo psicopatico guidata dalla coraggiosa Gwen, rivela la sua qualità principale, ovvero la sua oscurità. Come un Estate dell’84, Telefono nero intende controbilanciare il mito dell’infanzia di Amblin decantato Cose più strane e consorti e lascia emergere un’atmosfera soffocante, che ora vediamo abbastanza raramente in questo tipo di storie. Non solo la vita quotidiana dei nostri giovani eroi, sballottata tra violenza domestica e violenza scolastica, non è affascinante, ma la pedofilia del cacciatore è più che implicita.

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Il tutto nel mezzo di un’America rurale emarginata, dove la solidarietà è fragile e dove le comunità si nascondono dietro le loro finestre, l’assoluta antitesi del funky anni ’70 che il cinema ama rappresentare. È nel cuore di questa città colpita che il regista si sente più a suo agio con la sua macchina da presa.. La scelta della portata, a priori piuttosto curiosa per un lungometraggio di questo calibro, assume il suo pieno significato grazie al montaggio alternativo. In cantina, permette di creare spazi vuoti in cui il Cercatore aspetta solo di interferire. In apparenza contribuisce alla descrizione di una città arida, fatta di singole case tristi dall’architettura orizzontale. Un deserto dove si perdono questi due poveri ragazzi.

Black Phone: foto, Mason Thames, Ethan HawkeLa maschera della morte bianca

Alcuni rimpiangeranno l’assenza della telecamera, ma bisogna ammettere che è bene quando rivela che la perfidia ambientale non si limita al seminterrato dell’antagonista che Telefono nero è il più interessante… e il più spaventoso.

Infine, deve buona parte del suo capitale spaventoso a Ethan Hawkeche si lascia alle spalle i ruoli di patriarchi combattivi (in cui ha anche interpretato Sinistro) per infilarsi nei panni del famoso Cercatore. Con il viso nascosto da diverse maschere, semina inquietudine solo in virtù delle sue intonazioni metà dolci e metà arrabbiate e della sua impressionante presenza fisica.

L’attore, dotato di una muscolatura intimidatoria sin dalla preparazione fisica Il nordico, coglie un personaggio inizialmente obeso per donargli un’aura assolutamente terrificante che si dispiega particolarmente durante le poche sequenze – le più riuscite – in cui si siede senza fare nulla. Una scommessa abbastanza rischiosa vinta a mani basse, il che dimostra che, nonostante i suoi difetti, Telefono nero abbastanza per rinfrescare le stanze più climatizzate quest’estate.

Telefono nero: poster ufficiale

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