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critica che soffia Lacheau e il freddo

MORTE COMICA

Come un elastico di mutande troppo attillato che incontra improvvisamente una gonade innocente, l’umorismo di La Bande à Fifi soffia sulla commedia francese dal successo a sorpresa di Baby sitter. Fonte di un vortice di debilitazione, a volte gioiosa, a volte angosciante, il conduttore Philippe Lacheau continua il suo gioco di omaggi e decostruzioni della cultura pop iniziato con Nicky Larson e il profumo di Cupido. Meglio, riesce a cancellare molti dei limiti a volte imbarazzanti del suo stile facilmente riconoscibile.

Con il suo adattamento dell’opera di Tsukasa Hôjô, Lacheau aveva saputo sfruttare appieno la dimensione spesso meno commentata del suo cinema, ovvero il suo gusto per una forma di fantasia ingenua, basata su sorprendenti rotture di tono. Forse anche più di Cacciatore di cittàgli propone il gesto del super delle case Marvel o DC un esultante terreno fertile.

La vita è una lotta

Assisti a quest’aquila che rapisce all’improvviso un bambino per mangiarlo, un confronto contro i ladri uscito subito La caprao una giostra surreale con pezzi di decorazione in schiuma, e una serie di altri sorprendenti e dare alla commedia una dimensione rinfrescante.

Queste irruzioni di autentiche stranezze all’interno di un tamburo guidato dalla narrazione sono molto buone, ma non tanto quanto il gusto della messa in scena per un umorismo burlesco, che usa la commedia della situazione alla maniera di una lancia, per incandescente ogni svolta. Non appena i corpi sono in gioco, il montaggio è idealmente combinato con il montaggio per moltiplicare di dieci volte l’effetto di ogni bavaglio. Questi abbondano, tanto che non si contano più le grandi lacune facciali, le cadute e gli shock che travolgono i personaggi. Il loro effetto è il fornitore di un umorismo risolutamente neutro, persino francamente stupido, gestito quasi sempre con intelligenza.

Supereroe suo malgrado: foto, Philippe LacheauFa caldo Filippo

IN CIMA AL POSTER

Una frenesia che si ritrova anche nella struttura dell’insieme, che riesce ad affrontare con una certa serietà i conflitti o le problematiche del suo protagonista, in soli 82 minuti. Una velocità che si traduce in un ritmo sconcertante in cui la minima sequenza, anche paralizzata dalle valvole, è sempre significativa, pensata per far avanzare il nostro antieroe e portarlo a risolvere i suoi pesanti problemi esistenziali (un deficit di riconoscimento paterno, una storia d’amore da pistolero , e una sfortunata propensione all’elicottero davanti ai bambini).

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Togliamo da questa intensità narrativa un’euforia tagliente tanto più piacevole per gli amanti della commedia che Lacheau riesce ad alternare generi con malizia.

Supereroe suo malgrado: foto, Philippe Lacheaului cartone animato

È il caso quando introduce, a cavallo di uno dei tanti confronti quasi-meta della sua storia, una dimensione del vaudeville, o quando si diverte a pasticciare Vendicatori. Questi passaggi dove l’attore, sceneggiatore e regista si trova faccia a faccia con immagini di successo devono essere molto ben coreografati, divertenti, spesso al limite della parodia, ma guidati da una sincerità salvifica.

Potremmo pentirci, soprattutto durante l’ultimo atto, che questi giochi si rivelino troppo brevi, soprattutto quando mescolano un vero combattimento e un’orgia di accessori in schiuma. Le idee ci sono, anche il piacere di stravolgerle, tanto che la risoluzione sembra quasi troppo corta. Leggero, divertente, a volte imprevedibile, suo malgrado supereroi richiederà tuttavia al suo pubblico di sopportare la verruca plantare che ostacola la maggior parte delle proposte di La Bande à Fifi: una bruttezza che farebbe passare Gérard Larcher per un Rembrandt.

Supereroe suo malgrado: foto, Philippe LacheauStuporman

Non appena il film non viene più misurato rispetto alle immagini del grande spettacolo, si impantana in una foto pallida, che impedisce alla sua miriade di inquadrature medie di segnare le nostre retine. Una scoperta tanto più sfortunata che questo inestetismo svanisca non appena appare un’idea, che un banco di pesci o un’anatra venga massacrata.

È l’ultima trappola che ancora si trova davanti alle risate contagiose della truppa cattivadi cui si noterà che se rimane ossessionata dalle battute basate sui testicoli, sul fallo o su qualsiasi interstizio che possa contenerli, è riuscita a liberarsi dell’omofobia ordinaria che ha minato i suoi precedenti sforzi.

Suo malgrado supereroi: manifesto francese

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