L’attacco dei cloni
Nell’elenco degli aggettivi abusati dalla critica cinematografica (a cominciare dall’autore di queste righe, che si dichiara colpevole), c’è il termine “viscerale”. Mentre dovrebbe evocare attraverso il suo rapporto con le viscere il risveglio di un inconscio collettivo e di una profonda verità dell’essere umano, il suo potere evocativo diminuisce man mano che viene utilizzato per tutto e niente.
Perché è fastidioso? Perché Uomini è un film che, per una volta, è veramente viscerale, al punto da richiamare il significato originario della parola e la sua forza. Dalla sua introduzione plasticamente sbalorditiva, in cui le sfumature irreali di un tramonto fanno il bagno in un appartamento londinese, Alex Garland crea una sensazione di disagio che solletica lo stomaco.
Vuole solo farla finita
Con questa luce degna di un capolavoro, il regista ferma il tempo e costringe la sua macchina da presa, come Harper (la geniale Jessie Buckley) a incontrare lo sguardo di un uomo che cade dalla cima di un edificio. Quest’uomo è suo marito, dal quale ha appena annunciato il desiderio di divorziare. L’evento è così veloce che l’eroina avrebbe potuto perderlo. E invece no, qui è inscritto per sempre nella sua retina.
Tuttavia, l’intero punto di Uomini poggia sull’ambivalenza del punto di vista. Se questa scena introduttiva sembra confermare che adotteremo gli occhi di Harper, il seguito contraddice questo presupposto. Per ricaricare le batterie, il personaggio decide di isolarsi nella campagna inglese. Quando arriva, viene accolta da Geoffrey, un proprietario un po’ goffo e invadente. Ma mentre cammina nella foresta o nel villaggio locale, si scopre che tutti gli uomini hanno la stessa facciadal parroco locale al barista passando per un ragazzino mal educato, quello dell’investito Rory Kinnear.
Rory Kinnear, sbalorditivo dall’inizio alla fine
Post-#MeToo Horror
Il problema è che queste informazioni non vengono mai raccolte da Harper. Lo spettatore è l’unico a notare questo strano elemento, o semplicemente non è più scioccata dalla notizia? Garland affronta a testa alta l’ambiguità che governa il genere fantasy, in modo da utilizzare questa immagine esplicita di mascolinità uniforme evitando la trappola del semplicistico pamphlet.
Come questa figura incomprensibile di uomo nudo ricoperto a poco a poco di foglie, Uomini risulta sfuggente, proprio perché non dà mai risposte alle varie domande che sorgono durante la visione. Dire del film che è femminista è ovvio, ma precisare la natura del suo sguardo sull’uomo non è così facile.
Dalla piccola osservazione dispregiativa all’aggressione fisica, Harper subisce in breve tempo una forma di sintesi di una quotidianità purtroppo vissuta da troppe donne. Può essere spiegato da un profondo problema dell’educazione degli uomini? Da una società che ha a lungo sostenuto la potenza maschile tossica e sistemica? Dai simboli di una cultura in cui la donna è sempre rappresentata come la colpevole o il pericolo? O semplicemente dalla crudeltà della maggioranza degli individui?
La brillantezza di Uominiè questo’rende valide tutte queste interpretazioni, ma insufficienti nella loro unicità. Come pezzi di un puzzle che non hanno bisogno di essere isolati, Alex Garland dà libero sfogo alla ricca rete di indizi che sparge lungo il percorso, a cominciare da questo melo che rimanda il femminile all’immagine indelebile del peccato originale. Il regista si fida del potere evocativo della sua messa in scena ed evita di rimanere bloccato con affermazioni pre-masticate (che è l’esatto opposto dell’autocompiacimento che Darren Aronofsky potrebbe mostrare su temi simili con Madre!).
L’ultima ragazza tra le altre
In realtà, l’origine del Male/maschio non ha importanza. Ciò che conta con Garland è questa serie di cause e conseguenze che definiscono l’essere umano. Dopotutto, Ex machina e Annientamento erano portati dalla figura del doppio, di un altro simile e diverso. Che sia un’intelligenza artificiale basata sull’idea che il suo creatore ha dell’Uomo o un’energia aliena che sconvolge la costituzione fisica e chimica dei suoi ospiti, il suo cinema si riduce sempre a un’umanità che cerca di comprenderne (invano) l’essenza.
È per questo Uomini viene immediatamente ingrandito da un gesto di cinema universale. Annientamento già affrontato il peso del trauma, e il fatto che la vita può essere compresa solo attraverso la sua impermanenza, a causa delle varie influenze del mondo che ci circonda. Con questa premessa semplice e agghiacciante, il regista sviluppa questa stranezza inquietante attraverso ispirazioni orribili ben sentite e supportate da un ritmo incredibile. La prova è questa paralizzante drammatica ironia durante una sequenza di invasione domestica in cui Harper non riesce a vedere la minaccia che si sta dirigendo verso di lei.
Garland non dimentica mai di tenere la sua esperienza il più aperta possibile, tanto da accettare facilmente il suo rapido crescendo verso la sua astrazione narrativa e poetica. Attingendo all’eredità del body-horror (e questo in maniera davvero sporca), il cineasta continua ad estendere il suo rapporto a un parto forzato, alla creazione di una carne che può diventare mostro solo a contatto con l’altro.
Uomini diventa solo più bella, affascinante e sconcertante. Mentre accetta di perdere felicemente il controllo, continua a mantenere questo punto di vista fluttuante, che ci mette di fronte alle nostre più profonde certezze mentre sparge le budella per terra. Ecco un vero film “viscerale”.in tutti i sensi.